liberamente ispirato aย La storiaย di Elsa Morante
drammaturgia Marco Archetti
regia Fausto Cabra
con Franca Penone, Alberto Onofrietti, Francesco Sferrazza Papa
scene e costumi Roberta Monopoli
drammaturgia del suono Mimosa Campironi
luci Gianluca Breda, Giacomo Brambilla
video Giulio Cavallini
produzione Teatro Franco Parenti / Centro Teatrale Bresciano / Fondazione Campania dei Festival
Durata 1 h e 50โ
La Storiaย eฬ stato spesso tacciato di essere un romanzo cupo, negativo, persino disperato nella sua denuncia delloย scandalo che dura da diecimila anni.ย A ben vedere questo capolavoro eฬ invece unโopera straordinariamente vitale e commovente, venata anche di comicitร ฬ e leggerezza, della โvita nonostante tuttoโ. La storia eฬ, infatti, innervata di una potente sottotrama che si puรฒฬ sintetizzare con le parole del giovane Nino:ย โLoro nun lo sanno, a maฬ, quantโeฬ bella la vitaโ.ย Da queste riflessioni e da un profondo comune amore verso il romanzo scaturisce il sodalizio artistico che vede Fausto Cabra, attore e regista tra i piรนฬ talentuosi del teatro italiano, scrivere a quattro mani con Marco Archetti una drammaturgia liberamente ispirata allโopera morantiana, e dirigere tre attori di grandissima bravura โ Franca Penone, Francesco Sferrazza Papa e Alberto Onofrietti โ in un progetto che vuole attraversare e riscoprire la vicenda di Ida, Nino e del piccolo Useppe. Lo spettacolo non ha la pretesa di sostituirsi o esaurire lโimmensa ricchezza del romanzo; vorrebbe invece โ con delicatezza ed umiltร ฬ โ mettersi in ascolto assieme agli spettatori delle molteplici meraviglie che questโopera custodisce, suddividendo la sua complessa e umanissima materia in due parti, unaย โin tempo di guerraโย e una โin tempo di paceโ. Per provare a tracciare le coordinate di unโopera necessaria nel suo rivelare le forze motrici e distruttrici delle cose, e immensamente coraggiosa nel celebrare la vita quando racconta la morte, e la morte quando racconta la vita.
Note di regia
La Storia รจ quella narrazione collettiva che si scrive sulla carne degli ultimi. Una grande Macchina Artificiale determinata dagli uomini โ ma allo stesso tempo sovra-umana e dis-umana โ di cui gli uomini hanno perso il controllo, facendola assurgere a surrogato del Fato o del Destino.
Le penne della Storia scrivono implacabilmente e senza sosta, determinando il corso delle piccole storie dalla โsโ minuscola, fragili traiettorie di quella brulicante umanitร che si agita ai suoi piedi. La Storia ne indirizza il corso e, spesso, ne stritola la sostanza viva tra i suoi spietati ingranaggi.
Da questa dialettica nasce il nostro spettacolo, che usa come assi generatori proprio la Scrittura, da un lato, e la Lettura, dallโaltro. La Storia scrive, si, con le sue penne meccaniche sulla carne viva degli ultimi, ma scrive anche Elsa Morante la piccola storia di Nino, Useppe e Ida. E, in scena, una donna di oggi, rileggendo il romanzo โ capolavoro assoluto del โ900 europeo โ ricrea nella mente il suo personale attraversamento di quelle vicende. Questo nostro spettacolo non ha lโambizione di sostituirsi allโesperienza del libro, anzi: sarร veramente riuscito se accenderร il desiderio di tornare al libro. Il nostro lavoro, infatti, non puรฒ che offrirsi, onestamente, come uno dei mille viaggi possibili allโinterno di questo inesauribile scrigno di umanitร . Cosรฌ, nello spettacolo, il romanzo stesso รจ protagonista, perchรฉ abbiamo voluto portare in scena proprio lโesperienza di una mente che legge. Abbiamo cioรจ provato a rendere tridimensionale la lettura, con la sua libertร e coesistenza di piani e punti di vista, con lโagilitร di cambi spaziali e temporali. Insomma, abbiamo cercato di tradurre nel linguaggio del teatro ciรฒ che ci accade nel confronto con la letteratura.
Lโaltra via dโaccesso che abbiamo utilizzato nellโallestimento vuole mettere a contatto una dimensione estremamente macchinosa e razionale con lโimmensa umanitร e fragilitร delle creature raccontate dalla Morante. In questo senso, lo spettacolo vuole anche essere un omaggio a due Maestri della scena italiana: Luca Ronconi con le sue lucide architetture e vivisezioni analitiche, e Carlo Cecchi con la sua caotica e turbinosa umanitร imbevuta di qui e ora.
Abbiamo voluto dunque che la Macchina Teatrale fosse esplicitata e ben riconoscibile. Il complesso disegno luci e il progetto sonoro danno vita a un impianto scenico che diventa vero co-protagonista, perchรฉ la grande Storia รจ un enorme marchingegno artificiale, contemporaneamente scritto e subรฌto dagli uomini, deus ex machina auto-proclamato che fa di noi ciรฒ che vuole. Salvo poi essere continuamente relativizzato โ quasi ridicolizzato โ da una Sfera Naturale ad esso ancora superiore, un colossale involucro vivente fatto di piante, animali e meccaniche celesti tanto immani da far impallidire la misera Storia degli Uomini.
Il romanzo di Elsa Morante rivela questo paradossale gioco di scatole cinesi: le piccole storie degli individui sono contenute nella Grande Storia che tutti formiamo stando insieme; ed essa a sua volta รจ contenuta nella Grande Sfera Naturale, Atemporale e Universale. E tutto ciรฒ รจ ri-contenuto in un bimbetto di nome Useppe, finito in quanto infinito, infinitesimale in quanto divino, vittima in quanto supremo creatore. Un โessere minimoโ che sente e comprende il linguaggio misterico di uccellini, cani, gatti, alberi, radure e cicli solari.
Al romanzo, scomodo ieri come oggi, si รจ rimproverato di non dare risposte. Non ci sono ideologie che possano indicare una via. Non cโรจ speranza di sciogliere lโenigma tra violenza e amore. Non cโรจ modo sicuro per distinguere davvero il carnefice dalla vittima. Lโoscuro รจ mischiato continuamente con il luminoso, e la vita รจ celebrata proprio nel momento in cui piรน ci si immerge nella sua fine. Questa suprema contraddizione รจ il grande โscandaloโ che Morante svela implacabile. ln questo noi riconosciamo il supremo valore politico di questo testo, che ci pone continuamente davanti alla complessitร del reale. Non cโรจ semplificazione possibile. Sembra dire: ecco la Storia nuda per quello che รจ. Non cโรจ lโauspicata โfine della Storiaโ, non ci sono vie dโuscita, nรฉ personali, nรฉ tanto meno collettive. Lโunica salvezza possibile โ vien da pensare leggendo โ รจ proprio quella commozione, quella cruda com-passione che lo stesso romanzo genera nel lettore. Un seme di umanitร ? Un sentimento primario, mai compiaciuto, che rivela โ nonostante lโorrore โ lโamore per la Vita stessa e per questa bistrattata umanitร .
โLoro nun lo sanno, a Maโ, quantโรจ bella la vitaโ. Questo seme di comunione che il romanzo pianta in noi non so cosa sia, ma probabilmente รจ un fiore, e non unโerbaccia.

