L’amore di due giovani, che diventa l’amore di tutti i giovani di tutte le epoche passate, presenti e future, è destinato a naufragare per una cattiva sorte orchestrata dal mondo che li circonda: genitori inadeguati, falsari del culto, speziali senza scrupoli, faide politiche, incuranza della vita.
Se Romeo e Giulietta riescono a trovarsi nella ferocia della città di Verona è perché si sentono estranei a una società che li vorrebbe l’uno complice di una mascolinità tossica e autodistruttiva, e l’altra poco più di una marionetta da offrire in matrimonio nella speranza di una scalata sociale.
Romeo e Giulietta sfidano apertamente la faida che li vorrebbe nemici riconoscendo nella società l’unico nemico. Al linguaggio violento e banale delle loro famiglie oppongono un linguaggio con cui provano letteralmente a inventare un mondo nuovo, a partire da parole vive, tanto visionarie quanto concrete. Tutto ciò non potrà che essere punito come atto di ribellione inaccettabile.
Il tragico epilogo della vicenda di Romeo e Giulietta mette in luce il divario generazionale – fatto di un’incomunicabilità sottolineata dallo spazio scenico, dai costumi e dalla differenza di linguaggi – tra il mondo degli adulti, incatenati a uno schema di valori meschini e vetusti, e quello dei giovani che si ribellano a tali logiche: Giulietta che rifiuta di soccombere alla volontà paterna per scegliere autonomamente il proprio destino, e che al tempo stesso prende Romeo per mano stabilendo con lui un rapporto paritario, è la vera protagonista della storia che con la sua determinazione ribalta un sistema di valori fino a quel momento intoccabile.

