Rudolf, un musicologo, è tormentato dall’impossibilità di scrivere il suo saggio su Mendelssohn Bartholdy. Il tema principale della sua confessione è dunque l’orrore della pagina bianca, la paralisi che coglie lo scrittore al momento di iniziare il suo lavoro, l’incapacità di compiere il primo passo. Il suo monologo è una stravagante requisitoria contro gli infiniti ostacoli che si frappongono alla stesura del saggio. Ora si tratta della presenza della sorella, ora dell’aver tardato a cogliere il momento giusto, ora del luogo, ora del clima. Decide quindi, nel tentativo di sbloccare questa impasse, di trasferirsi dal freddo di Peksam al clima più mite di Palma di Maiorca. Qui avverrà l’incontro con Anna Härdtl, che poi Rudolf scoprirà essersi suicidata. E qui l’autore, Thomas Bernhard, che sembrava aver totalmente rinunciato all’intreccio, disegnando delle situazioni perfettamente statiche, ci sorprende con uma dinamica emozionante, in cui il destino della giovane donna si dipana, in una successione di colpi di scena, con l’ultimo atto della corsa in taxi al cimitero alle sette di mattina. L’autoritratto dello scrittore trova così il suo pendant nella storia comune, eppure emblematica, di una persona “qualunque”. Alla tragica eccentricità di Rudolf si contrappone la “banale” tragicità di Anna Härdtl. Ciò che rimane di questa storia è solo “cemento”: quello dei casermoni di periferia, delle orribili costruzioni per il turismo di massa e quello dei loculi del cimitero a Palma di Maiorca. Una cifra del nostro tempo, un simbolo dell’amorfo, dell’inorganico, della durezza. Ogni esistenza è un muro.
di Thomas Bernhard
regia e drammaturgia Roberto Trifirò
scene, costumi e progetto luci Gianni Carluccio
con Roberto Trifirò e un personaggio femminile in via di definizione

